Tendenze moda Estate 2022: tutto sull’estetica Old Money

2022-07-23 11:20:57 By : Ms. Sara Ye

Come fingersi cugini di quarto grado dei Kennedy in poche semplici mosse

Ville sul lago di Como, vacanze in Costa Azzurra e drink a bordo piscina negli Hamptons: tra le tante estetiche scoppiate su TikTok, quella che va sotto il nome di Old Money è forse la più aspirazionale di tutte. Lungi dall’apparire come noioso o anacronistico, lo stile da “famiglia bene” non è mai stato così attuale ed è curioso che sia proprio la Gen Z, progressista e attenta alle disparità sociali, a portare alla ribalta un’estetica così conservatrice. Ma cosa si intende quando si parla di Old Money?

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Negli Stati Uniti l’espressione “Old Money” si associa alla cultura WASP (White Anglo-Saxon Protestant) e identifica famiglie alle redini del potere come i Rockefeller o i Kennedy, mentre in Europa rappresenta famiglie nobiliari o che abbiano accumulato la propria fortuna tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900: pensiamo agli Agnelli, ai Casiraghi e, naturalmente, ai reali inglesi. Insomma, com’è insito nel nome, l’estetica Old Money rievoca una ricchezza antica e tutto lo stile di vita a essa connesso. Alla base si nasconde uno scontro stilistico e ideologico tra Old Money e New Money, tra chi in questo ambiente ci è nato e chi invece se lo è conquistato a fatica; scontro che in America è esemplificato dalla distinzione tra West e East Coast, tra Los Angeles e New York, tra villa a Malibu e vacanze agli Hamptons.

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La linea di demarcazione può sembrare sottile a un occhio non esperto, eppure gli stili di vita, l’etichetta e le ideologie di vecchi e nuovi ricchi non potrebbero essere più agli antipodi e forse il contrasto appare più netto e realistico se per Old Money pensiamo a Jackie O’, Lady Diana e Charlotte Casiraghi e per New Money a Kim Kardashian e i Ferragnez. Il fattore discriminante è il concetto di eredità, una serie di codici non scritti che le vecchie famiglie dell’alta società detengono e devono preservare. Se la ricchezza monetaria è qualcosa che chiunque può perseguire, il titolo rimane appannaggio di un’élite. È ancora il cognome di famiglia a determinare l’ammissione o meno ai college americani dell’Ivy League, così come la possibilità di accedere a determinati circoli sociali, ed è questo grado di elitarismo che affascina la Gen Z, nonostante storicamente presupponga tutta una serie di diseguaglianze sociali che se discusse in senso politico fanno storcere il naso.

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Basato sulla linea sottile che separa il concetto di denaro da quello di benessere economico, il detto “Money Talks, Wealth Whispers” (“I soldi parlano, la ricchezza sussurra”) rappresenta un po’ il manifesto dell’estetica Old Money. La regola numero uno che differenzia i vecchi ricchi dai nuovi sta nell’esposizione pubblica della ricchezza: parlare di quanto si è speso per fare qualcosa sarebbe una terribile caduta di stile, quasi al pari dell’ostentare sfacciatamente il proprio benessere con loghi a vista e sgargianti macchine da corsa. Ed è proprio su questo approccio low profile che si fonda lo stile Old Money: no ai loghi in vista, sì a gioielli e accessori che si tramandano per generazioni; no a decori eccessivi e colori sgargianti che richiamino troppo l’attenzione, sì a capi essenziali di ottima fattura e in una gamma di tonalità neutre che fanno sempre molto chic; no all’overdressing, sì a un’eleganza sobria e spontanea con accenti sportivi all’occorrenza.

In fondo, alla base dell’estetica Old Money si nasconde (in modo neanche troppo sottile) lo stile preppy, nato nelle scuole preparatorie maschili per i rampolli dell’alta società inglese del 1800 ed esportato in America quando alla fine del secolo l’élite protestante iniziò a fondare istituzioni simili nel tentativo disperato di prendere le distanze dai nuovi ricchi. Il preppy prese poi la piega collegiale che conosciamo negli anni ‘20, evolvendosi nello stile Ivy, al tempo fu una vera rivoluzione: nato in segno di ribellione da parte degli studenti verso i rigidi dettami imposti sull’abbigliamento dai college, segnava l’origine del casual. Complici brand come J. Press e Brooks Brothers, partendo spesso da un’ispirazione legata al mondo dello sport e del tempo libero, furono introdotti così tutti gli elementi divenuti emblematici del preppy-Ivy e di conseguenza dello stile Old Money come la polo, originariamente pensata per il golf, il tennis o la barca a vela, le varsity jacket con le iniziali o lo stemma dell’università, le scarpe da barca e i mocassini, i bermuda e i maglioni in Shetland da portare annodati sulle spalle. Diffuso anche tra le ragazze a partire da un reportage pubblicato dal magazine Life nel 1937 sul modo di vestire delle studentesse del prestigioso college femminile Vassar – un concentrato di gonne in tweed, camicie da uomo, calzettoni a vista e stringate bicolore –, lo stile preppy scoppia tra le masse negli anni ‘80 con l’aiuto del libro (nato come opera satirica e preso un po’ troppo sul serio) The Official Preppy Handbook di Lisa Birnbach.

L’estetica Old Money non è che la versione elevata del preppy: di classe, sobria, senza tempo, effortless e intrinsecamente elegante. Pensiamo quindi alla semplicità chic raccontata da brand come Ralph Lauren, Loro Piana, Max Mara, Barbour, Zegna, Brioni, ma anche a grandi classici come le borse di Hermès e Chanel o le stampe vintage firmate Emilio Pucci – design immediatamente riconoscibili come “di marca”, ma che si ammantano di un fascino antico perché magari tramandati di madre in figlia. Per quanto riguarda le silhouette, le cose non sono cambiate rispetto agli anni Ottanta e tra gli essenziali troviamo ancora camicie dal taglio classico, gonne in stile tennis, polo, gilet in maglia, cardigan in cashmere o lana di alta qualità, il tutto corredato da accessori come cerchietti, collane di perle e mocassini – ed è subito “Hey Upper East Siders. Gossip Girl here”.

La palette cromatica va da tutte le sfumature di beige, bianco e panna a tocchi di marrone, nero, grigio e blu Navy. Barche a vela, campi da tennis, scorci di vacanze al lago o a Capri, gite a cavallo, cene sofisticate, giardini rigogliosi e ville in pietra ricoperte di rampicanti fanno da cornice a questo racconto immaginario messo in scena da una generazione che, di contro, deve adattarsi a un mondo complesso e che rifugge ogni forma di diseguaglianza. In fondo, non si tratta che di un atto di evasione dalla propria realtà e, come Ana Quiring afferma in LA Review of Books, estetiche come questa, che romanticizzano contesti di snobismo sociale e intellettuale, non nascono con l’idea di ravvivare tale sentimento quanto più di “privare gli ambienti scolastici d’élite di quell’aura di eccezionalità”, rendendoli più accessibili a chiunque.