Caffè Saga, tutto l'Appennino si mobilita - CorrierediBologna.it

2021-12-14 19:23:08 By : Ms. Chloe Huang

La montagna torna a stringersi attorno ai suoi operai. Con gazebo, cibo e anche protezione civile. L'ultima volta, è stato nel 2015, davanti ai cancelli dell'ex Saeco Vending, poi messa in vendita dalla Philips, gli operai sono rimasti in presidio per 73 giorni. Sembra un déjà vu. Da giovedì hanno incrociato le braccia davanti allo stabilimento Saga Coffee di Gaggio Montano, che la proprietà ha deciso di chiudere entro il 2022, e vi rimarrà a tempo indeterminato. O almeno fino a quando non escono buone notizie dal tavolo convocato dalla Regione per martedì o mercoledì: reindustrializzazione della storica azienda di macchine da caffè per la ristorazione e zero cassa integrazione, è la richiesta. Nessuno entrerà o uscirà dal sito, compresi i camion di proprietà di Evoca Group che hanno già tentato di avviare il trasferimento dei materiali. Le produzioni saranno delocalizzate tra la Romania e Valbrembo, dove ha sede la multinazionale.

I primi ad arrivare sabato mattina intorno alle 7 sono stati i due delegati Fiom e Fim, Laura Borelli e Rudi Pesci. Pesci è arrivato nel furgone, dove si alternerà con altri colleghi per trascorrere le fredde ore notturne. Tutti gli altri hanno aderito al progetto. Una folla. I dipendenti, che sono oltre l'80% dei 222 dipendenti, i familiari, il sindaco Giuseppe Pucci e il capogruppo dell'Emilia-Romagna Coraggiosa in Regione, Igor Taruffi. E poi i colleghi di altre aziende appenniniche come Philips Saeco, che è il ramo nazionale della produzione di macchine da caffè, Demm e Metalcastello.

Stefania e Fabio, entrambi impegnati nella Saga

Nonostante il freddo e il vento, a Gaggio Montano c'è anche Stefania Valdiserra, 53 anni e 29 anni. La battuta per lei è doppia: nella Saga lavora anche il marito Fabio Bernardini, 55 anni: «Ha due anni e mezzo per andare in pensione e speriamo, almeno per lui, in uno scivolone. Dovrò reinventarmi». «Avevamo notato che qualcosa non andava per il verso giusto ultimamente - rivela -. Ad esempio, erano stati cambiati i codici dei componenti, sostituiti con quelli della sede di Valbrembo. Ma fino all'assemblea dell'altro giorno in Confindustria, la proprietà era mai disponibile a dare spiegazioni». «Giovedì intorno alle 13 dal magazzino ricambi - aggiunge Ivana Fornaciari, 52 anni - siamo stati avvisati che entro venerdì tutto il materiale sarebbe stato portato via e così siamo usciti per evitarlo». Così la prima smobilitazione tentativo bloccato e camion rientrati a Bergamo vuoti.Fornaciari lavora per l'ex Saeco da quando aveva 16 anni: «Ho due figli di 14 e 16 anni. Qui lavorava anche mio marito che, per fortuna, è tra i colleghi che hanno accettato l'incentivo ad andarsene e si è già trasferito altrove». «Ci avevano assicurato che i 60 esuberi dichiarati e la cassa integrazione ancora in corso sarebbero bastati per sanare l'azienda, ma così non è stato», chiude bitte rly.

«Le perdite accumulate con la pandemia ammontano a 160 milioni di euro - riferisce infatti l'ufficiale Fiom, Primo Sacchetti -; una cifra che ora vogliono recuperare delocalizzando nonostante l'impegno preso per salvaguardare un'azienda considerata strategica fino a 6 mesi fa. Stanno “stuprando” l'Appennino». «Questo territorio ha subito troppe riorganizzazioni che hanno penalizzato famiglie e lavoratori. Del caso - assicura il segretario confederale della Cisl, Marino Mazzini - ci occuperemo anche come sindacati confederali: c'è il rischio di un impatto economico e sociale devastante. Il contenzioso di Saga non riguarda solo i diretti interessati, ma l'intera comunità. Serve la massima unità».

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