Perché il software si chiama così? - Focus.it

2022-07-23 11:19:37 By : Mr. Newben Yang

La parola software, traducibile come merce morbida o componente tenero, fu usata per la prima volta nel significato odierno nel 1957, dal matematico e statistico statunitense John W. Tukey, per indicare l'insieme delle informazioni di un programma informatico, ma in realtà era stato coniato durante il secondo conflitto mondiale con un senso diverso.

Informazioni militari dei tedeschi. Al tempo, l'esercito inglese si serviva di un'équipe di criptoanalisti, capitanata dal matematico Alan Turing, per decrittare i messaggi in codice realizzati con Enigma, la celebre macchina cifrante usata dai tedeschi per scambiarsi informazioni militari durante la Seconda guerra mondiale.

E poiché Enigma non consentiva di stampare, l'operatore doveva copiare a mano tutti i messaggi criptati, e per fare in modo che fossero facili da distruggere, li doveva trascrivere su fogli di carta solubili in acqua, quindi su supporti teneri, soft (appunto).

Software e hardware. Fu allora che per riferirsi a tali istruzioni deperibili entrò in usò la parola software; mentre il termine hardware, ovvero roba dura, venne usato con riferimento alle macchine che producevano i codici criptati.

Enigma è tornata alla ribalta con l'uscita nelle sale del film The Imitation Game, di Morten Tyldum. Sembra una semplice macchina per scrivere e, in effetti, utilizzarla è piuttosto semplice. Eppure la complessità di passaggi con cui i messaggi venivano cifrati rendeva le comunicazioni quasi inviolabili.

Foto: © Enigma in un fotogramma del film "The Imitation Game" di Morten Tyldum

Ideata dall'ingegnere Arthur Sherbius nel 1918, Enigma era in principio una macchina cifrante venduta legalmente in tutta Europa a chiunque fosse interessato. Solo in un secondo momento l'esercito tedesco decise di utilizzarla, in una versione ben più complessa, per scopi bellici. La Seconda guerra mondiale è stata la prima guerra nella quale le telecomunicazioni hanno assunto un ruolo di primo piano, ed evitare che i propri piani fossero svelati (decifrati) era diventato cruciale.   Nell'immagine, la pubblicità della prima versione commerciale di Enigma.

Foto: © Gentile concessione dell'associazione Rover Joe

Enigma cifrava e decifrava i messaggi in modo meccanico e con impulsi elettrici. Per decifrare una comunicazione codificata da Enigma era necessario disporre di un altro esemplare identico e impostato con gli stessi parametri, che venivano modificati ogni giorno.   Una volta impostata la macchina, era sufficiente scrivere il messaggio che si voleva trasmettere usando la tastiera e trascrivere le lettere che si illuminavano. Premendo per esempio sulla lettera "A", sul quadro di Enigma (sopra alla tastiera) si illuminava una lettera differente.   Il ricevente, impostata la macchina allo stesso modo, doveva digitare la sequenza di lettere che aveva ricevuto per leggere, lettera per lettera sul quadro sopra la tastiera, la sequenza di lettere che si illuminavano e che erano il messaggio in chiaro.   Nella foto, un esemplare di Enigma presente nel museo dell'Associazione Rover Joe.

Che cosa doveva essere impostato? Innanzitutto i rotori. Questi trasmettevano gli impulsi elettrici inviati dalla tastiera alle lampadine indicanti la lettera cifrata (o decifrata) tramite un sistema di cavetti.   Ogni macchina aveva in dotazione cinque rotori numerati, diversi tra loro, e solo tre di questi venivano utilizzati in ogni sessione, in ordini e posizioni diverse. Conoscere quali rotori usare e in quale ordine e posizione era il primo passaggio per l'impostazione della macchina.

Foto: © Gentile concessione dell'associazione Rover Joe

La combinazione di rotori e posizioni di partenza erano determinanti per la decodifica del messaggio. Ogni volta che veniva premuta una lettera il primo rotore a destra girava di uno scatto. Quando il primo rotore aveva fatto un giro intero (26 scatti, tanti quanti le lettere dell'alfabeto internazionale) era il turno del secondo rotore, che faceva a sua volta uno scatto. Dopo 26 scatti del secondo rotore, anche il terzo si spostava di una lettera.   Nell'immagine, una schematizzazione dei rotori.

Foto: © Gentile concessione dell'associazione Rover Joe

Il sistema di cavi all'interno del rotore: i cavetti deviavano gli impulsi elettrici da una lettera a un'altra. Passando attraverso i rotori, gli impulsi seguivano perciò un percorso determinato dalla configurazione della macchina che portava all'illuminazione della lettera finale sul quadro delle lampadine.

Foto: © Gentile concessione dell'associazione Rover Joe

Ogni rotore aveva 26 possibili posizioni di partenza: per decifrare un messaggio era dunque necessario conoscere la posizione di partenza dei tre rotori scelti per la macchina che aveva cifrato la comunicazione.

Foto: © Gentile concessione dell'associazione Rover Joe

Come facevano due macchine, la mittente e la destinataria, a essere allineate? Serviva una guida. La foto qui sopra mostra un documento originale della Luftwaffe: la guida che veniva consegnato mensilmente ai reparti dell'esercito. Ogni riga corrisponde alle impostazioni giornaliere della macchina: ogni giorno a mezzanotte infatti la codifica cambiava.   Erano indicati i rotori da usare, in quale ordine e con quale impostazione di partenza, e la posizione dei ponticelli. Senza questa guida la decifrazione era impossibile.

Foto: © Gentile concessione dell'associazione Rover Joe

Da Suzy Solidor ad Alice Prin, da Luisa Casati a Dora Maar. Ambizioni, amori, talenti ed eccentricità delle donne che hanno ispirato i più grandi artisti del Novecento (e non solo). E ancora: dalle latrine romane al trono-gabinetto del Re Sole, la storia del bagno e dei nostri bisogni più intimi; i prìncipi secondogeniti che si sono ribellati alle leggi di successione, e ne hanno combinate di tutti i colori.

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