La buro-scuola. Lettera - Orizzonte di notizie sulla scuola

2021-12-14 19:30:51 By : Mr. James Liu

Inviata da Enrico Campanelli - La burocrazia dilagante erode sempre di più lo spazio che a scuola dovrebbe essere riservato alla didattica. Ecco un'analisi delle anomalie burocratiche che assediano sia il lavoro del docente che lo studio degli studenti.

Il curriculum disciplinare C'è stato un tempo in cui questo documento veniva redatto dal ministero ed era lungo una sola pagina. Oggi le Indicazioni Nazionali sono composte da sette pagine e ci sono casi in cui il curriculum scolastico ha trenta pagine. L'ipertrofia della programmazione è evidentemente priva di qualsiasi sostanza e utilità, visto che la preparazione media degli studenti di oggi è peggiore di quella degli studenti di 20 anni fa. Questa ipertrofia è causata dal voler descrivere in dettaglio l'ovvio e dal delirio tassonomico imposto dalla classificazione dell'apprendimento contenuta nell'EQF (distinzione tra conoscenze, abilità e competenze). Va notato che questa classificazione è stata creata per potersi applicare indiscriminatamente sia alla formazione di un fabbro, sia a quella di un ricercatore universitario in filosofia teoretica (in linea con la tendenza europea a confondere sempre più il mondo della formazione con il mondo della lavoro) in un ingenuo e megalomane tentativo di generalizzazione che evidentemente ci ha costretto a descrivere le caratteristiche dell'apprendimento in modo così generico e astratto da svuotarle di ogni significato concreto. Se, ad esempio, “frazioni e operazioni su di esse” si scriveva nel vecchio programma ministeriale (lasciando il compito di sostanziare tale espressione alla professionalità del docente, alla logica e al buon senso) in un curriculum moderno troverete un'intera pagina che richiama il profilo generale delle competenze e degli obiettivi specifici di apprendimento e una distinzione meticolosa tra "definire una frazione", "saper lavorare con le frazioni" e "saper usare le frazioni per risolvere problemi in contesti reali".

Non è chiaro quali siano l'innovazione e l'utilità introdotte da questa bulimia descrittiva. Come se gli insegnanti, prima di questa "rivoluzione", fossero così idioti da non riconoscere, gestire e valutare adeguatamente la differenza tra un allievo che sa solo pappagallo che frazione è da un allievo che invece sa anche come dividere equamente tre torte tra dodici amici. Questo modo di intendere il curriculum comporta una burocrazia burocratica con relativo spreco di tempo e risorse totalmente ingiustificato rispetto ai vantaggi che introduce (cioè nessuno).

Certificazione delle competenze Anche questo dispositivo è in linea con i requisiti dell'Unione Europea ed ha lo scopo di certificare la “capacità dello studente di utilizzare conoscenze e abilità personali e sociali in contesti reali, con riferimento alle discipline/aree disciplinari che caratterizzano ciascuna asse culturale", indicante il livello raggiunto (base, intermedio o avanzato) in ciascun asse culturale. Questa richiesta richiede da un lato che non ci sia "corrispondenza automatica" tra i voti e i livelli, ma dall'altro richiede che ci sia "coerenza" con i voti (acrobazie retoriche che la dicono lunga sulla concretezza della richiesta ). Considerando che i voti tengono già conto delle competenze disciplinari, si chiede in pratica di misurare qualcosa non chiaramente individuabile nel concreto perché legato alle attitudini personali e al carattere di un individuo e quindi non misurabile come la larghezza di una tabella .

Questo è uno dei tanti esempi della mania quantistica che pervade la scuola moderna e che pretende di applicare metodi e concetti industriali all'educazione per valutare la produzione effettuata da una catena di montaggio. Fingiamo di misurare cose come la capacità di saper essere o la capacità di imparare ad imparare, allo stesso modo misuriamo la tenuta di una guarnizione di un frigorifero. Naturalmente, l'intrinseca inconsistenza della richiesta e la conseguente impossibilità di un suo significativo adempimento, si traduce nell'unico modo possibile, e cioè nell'espletamento di un mero iter burocratico che viene svolto per lo più in automatico dal registro elettronico, basato sui marchi dei vari soggetti. Questa automazione non impedisce, però, che l'iter burocratico presenti la sua bolletta da pagare, con tanto di punto all'ordine del giorno del Consiglio di classe, di tempo ed energie da spendere, di scartoffie da produrre.

Attività del PCTO Sempre nell'ottica di trasformare la scuola in un ramo di azienda, la legge “Good School” ha introdotto quella che oggi chiamiamo PCTO. Queste attività, nella maggior parte dei casi, sono del tutto inutili perché, oltre ad essere sconvenienti per ragioni di principio (le persone vanno a scuola per educarsi e crescere internamente, non per formarsi) sono spesso improvvisate, mal progettate e mal realizzate, e non per colpa dei docenti ma perché, essendo obbligatorie, vanno sempre e comunque fatte (e non solo se si presenta una buona occasione). Naturalmente anche intorno a queste attività infuria la burocrazia: si deve nominare un docente tutor, si deve redigere l'UDA, si deve redigere un cronoprogramma, si devono monitorare e mettere in relazione le attività. Così, di documento in documento, i compiti passano direttamente all'esame di stato, in occasione del quale tutte le attività svolte devono essere ri-documentate nel documento del 15 maggio. Un virus burocratico che si replica a dismisura, consumando tempo e risorse materiali ma anche, e soprattutto, mentali, per far nascere, alla fine, il classico topo.

I progetti La scuola moderna è spesso definita come un "edificio di progetto", ea ragione, vista la pletora di attività extrascolastiche che vengono organizzate e che naturalmente erodono il già molto breve tempo dedicato alle attività di classe. Alcuni progetti sono utili e condivisibili ma per il resto servono soprattutto alle scuole per ampliare l'offerta formativa e acquisire più “clienti”, in un'assurda logica di competizione tra scuole che genera la riprovevole distinzione tra “scuole prestigiose” e “scuole popolari”. E servono anche agli alunni per l'acquisizione di crediti scolastici utili (vedi paragrafo successivo) da scambiare con l'impegno di studio. Va da sé che la fabbrica del design, con docenti di riferimento da nominare, contatti da prendere, attività da programmare, circolari da emanare, autorizzazioni, monitoraggi, relazioni e quant'altro, è un'altra formidabile macchina avida di tempo, carta e risorse.

Il sistema dei crediti Una volta il voto finale si “acquistava” solo con lo studio e l'impegno, ma nella scuola di oggi è possibile barattare in parte per un'attività sportiva. Questo istituto va anche nella direzione di svalutare sempre più il valore della cultura e l'impegno nello studio, a favore di altri aspetti della vita che, pur importanti, non vanno posti in competizione con lo scopo principale e più identitario della scuola. . . Va da sé che anche la gestione del sistema creditizio ha i suoi costi burocratici.

Il documento del 15 maggio Ha lo scopo di guidare la commissione per lo svolgimento del colloquio d'esame, informandola sui contenuti effettivamente svolti dalla classe esaminata.

Infatti è un mattone di 50 pagine (a volte anche più di 100) che contiene, per la maggior parte, inutili ripetizioni di informazioni inutili e costringe i docenti a terminare il programma con tre settimane di anticipo nell'anno stesso in cui sarebbe addirittura di più. È importante dedicarsi ad approfondimenti in vista dell'esame. Con le scadenze già molto strette, tre settimane sono una quantità enorme. Al posto di questo documento basterebbe semplicemente consegnare alla commissione d'esame il programma svolto e qualche altra informazione.

Invece no, bisogna redigere un nuovo documento, che contenga tutta la storia dell'istituto, dalla posa della prima pietra all'ultimo ridipinto dei corridoi. Un lavoro enorme, quasi inutile, totalmente sproporzionato rispetto alla reale utilità.

E così, resta l'amara sensazione che il sontuoso cerimoniale della buro-scuola non sia altro che la messa da requiem per la bara della scuola, quella vera.

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