Dal metaverso alla sostenibilità: i nuovi tech-trend del mondo della moda | ZeroUno

2022-08-27 18:47:14 By : Ms. Kyra Yu

Dal metaverso alla sostenibilità: i nuovi tech-trend del mondo della moda

Dal metaverso ai tessuti innovativi, con un occhio sempre vigile agli impegni di sostenibilità e alla customer experience: così l’industria della moda sta accelerando il cammino verso il futuro

A causa della pandemia, i principali brand di moda hanno indirizzato buona parte degli investimenti degli ultimi anni al potenziamento dell’e-commerce e alla resilienza delle supply chain, cui si deve la continuità del business. Oggi, l’intero macrocosmo del fashion può estendere il proprio raggio d’azione andando a indirizzare sfide di grande attualità, tra cui gli obiettivi di sostenibilità, ma anche a identificare meccanismi virtuosi di ottimizzazione dei processi interni, nuove metodologie di perfezionamento della customer experience e modelli di business innovativi, che sempre di più hanno a che fare con gli asset virtuali e il metaverso.

Secondo il recentissimo The State of Fashion Technology 2022 di McKinsey, il settore della moda raddoppierà di fatto gli investimenti tecnologici tra il 2021 e il 2030, passando dall’1,6%-1,8% del fatturato al 3%-3,5%. Gli analisti identificano alcuni ambiti nei quali l’investimento tecnologico sarà sempre più rilevante: la personalizzazione del rapporto con il cliente (la fonte parla di iper-personalizzazione) e le store technologies proseguono un filone che è sotto i riflettori da diversi anni, mentre la tracciabilità e il metaverso sono ambiti più specifici e – sotto certi profili – inediti.

Comune a tutte le industry è la tendenza alla data-driven company, con sfide e complessità annesse: gli analisti prevedono che, nell’universo del fashion, AI, Big Data e Advanced Analytics non si limiteranno a indirizzare i processi decisionali strategici e operativi, ma potenzieranno anche quelli creativi. Il tutto richiederà strumenti, cultura e, soprattutto, professionalità adeguate, tra cui un apporto sempre maggiore da parte dei data analyst e dei data scientist.

La spesa mondiale in virtual asset è in crescita: partendo da poco più di 100 miliardi di dollari del 2021, CBinsight prevede si arrivi a 190 miliardi nel 2025. Ciò rappresenta senza dubbio un’opportunità che alcuni brand di moda stanno già sfruttando, ma anche un primo passo verso l’ecosistema virtuale interconnesso che sta già prendendo forma ma giungerà a compimento solo in futuro.

Le previsioni degli analisti sono positive: secondo McKinsey investire oggi in attività virtuali potrebbe portare gli operatori della moda a generare (da esse) più del 5% delle revenue in una prospettiva da 2-5 anni. Rientrano in questo macrocosmo gli esperimenti con la realtà aumentata, le digital skin e altri asset come le digital collection di H&M o le versioni virtuali di prodotti iconici come le borse Dionysus di Gucci o le collezioni di Louis Vuitton. Nell’ormai lontano 2019, fece discutere la vendita di un abito virtuale (The Fabricant) per la cifra di 9.500 dollari.

Il tema è legato a quello del valore delle identità digitali (avatar), da cui derivano prodotti come gli skin in-game, ma anche le esperienze digitali e la forte crescita di interesse e sperimentazione con gli NFT come strumenti di loyalty.

Ormai è palese che la customer experience abbia un peso determinante sulla crescita dell’impresa, anche superiore alla qualità del prodotto e/o del servizio. In un mondo sempre più votato all’omnicanalità, le imprese stanno scoprendo che il vantaggio competitivo dipende dalla loro capacità di personalizzare il rapporto con i clienti, fino al limite del “segmento di uno”. D’altronde, soprattutto i brand del lusso hanno sempre basato la propria differenziazione competitiva sulla capacità di costruire un rapporto ad hoc con i propri interlocutori.

Il tema non è una novità dell’ultimo anno. Tuttavia, fino a non molto tempo addietro le capacità di personalizzare il rapporto erano limitate allo storico degli acquisti e alla navigazione online. Tutto ciò permette da diversi anni un certo livello di segmentazione sul quale creare consigli, promozioni e opportunità ad hoc, che a loro volta creano fidelizzazione e retention. Questo, però, non ha permesso (finora) una relazione 1-to-1 con il proprio interlocutore, che è rimasta legata ai brand più esclusivi e alle modalità di relazione tradizionale.

Oggi, i progressi in tema di Big Data Analysis e di intelligenza artificiale, nonché la sempre maggiore diffusione di Customer Data Platform, permette di aggregare un’infinità di dati proprietari e di terze parti, rendendo sempre più fine la segmentazione e la relativa personalizzazione automatizzata, anche in tempo reale.

Tutto ciò potrebbe portare a una revisione completa del modello di interazione tra il brand e il consumatore. Rispetto ad oggi, in cui il consiglio personalizzato e la promozione sono una parte dell’esperienza di relazione, domani qualsiasi touchpoint potrebbe essere personalizzato, dalla fase di discovery dei prodotti al pagamento online, per non parlare della fase di contatto con agenti virtuali e fisici. Come si vedrà successivamente, anche il contact management sta evolvendo rapidamente sotto la spinta del cloud e di tecnologie innovative come sentiment analysis e speech analytics.

L’omnicanalità resta il trend d’elezione del mondo fashion e, più in generale, dell’intero comparto retail. L’omnicanalità come modello di vendita sta evolvendo rapidamente per assecondare un consumatore sempre più esigente.

Date per assodate dinamiche come il click and collect, alcuni retailer stanno adottando tecnologie capaci di trasformare i punti vendita dei brand in nodi di un network di mini centri distributivi. Il tutto, per abilitare fattispecie come la consegna on-demand e accelerare ulteriormente i tempi di delivery dei prodotti.

Nell’ambito del contact management, invece, l’omnicanalità è ormai l’unico modo per soddisfare il cliente. A tal fine, si registra la crescita di adozione di piattaforme CCaaS (Contact Center as-a-service), di sistemi di conversational AI (chatbot e voicebot) per l’assistenza self nonché di tecnologie avanzate di Real Time Analytics a beneficio della struttura e degli agenti.

I consumatori, gli investitori e la normativa impongono ai brand del fashion pratiche sostenibili sotto il profilo sociale e ambientale (ESG). Molti brand di livello globale hanno impegni di sostenibilità nel breve, medio e lungo periodo, e l’ovvia esigenza di tracciarne in modo sicuro tutto il percorso di avvicinamento.

Il problema, sottolineano gli analisti, è che i brand di solito non sono equipaggiati per monitorare e gestire pratiche sociali e ambientali lungo supply chain globali ed estremamente articolate.

Si pone dunque un tema di tracciabilità, che peraltro è fondamentale anche per gestire la piaga della contraffazione. Il tema è molto complesso da affrontare sotto il profilo tecnico poiché necessità di una standardizzazione di dati (tipologie, metriche…) all’interno dell’intera supply chain. In tale contesto appare sempre più centrale il ruolo dei distributed ledger come strumenti di raccolta e di distribuzione sicura delle informazioni, in un’area in cui il trust è tutto.

Connesso al tema della sostenibilità e dell’innovazione (ma meno alla tecnologia in sé) è quello della ricerca e sviluppo di tessuti innovativi e sostenibili. Visto che per realizzare un solo paio di jeans vengono usati 10.000 litri d’acqua, sono moltissime le startup impegnate in quest’ambito di sostenibilità: a titolo d’esempio, modern meadow si occupa di bio-fabbricazione di materiali avanzati, mentre Mylo è un tessuto ricavato dal micelio, l’apparato vegetativo dei funghi.

Appassionato di tecnologia da sempre, ho deciso che avrei impegnato il mio tempo raccontandola e lo faccio dal lontano 2000. Dopo un lungo percorso nel mondo della tecnologia consumer, ora mi occupo soprattutto di Digital Transformation.

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